Articolo a cura di Francesca Cenciarelli, allieva in formazione alla Scuola di specializzazione in psicoterapia sistemica Kairos (quarto anno)
Il presente contributo nasce dalla lettura di una lettera scritta dalla sorella adolescente di una paziente con anoressia nervosa, in trattamento presso il mio studio privato con approccio di psicoterapia sistemica-relazionale. La voce della sorella “sana”, spesso invisibile, ha offerto lo spunto per riflettere sulle dinamiche familiari che si sviluppano accanto a un disturbo del comportamento alimentare (DCA).
L’articolo esplora come, in un sistema familiare, anche chi non manifesta sintomi può trovarsi coinvolto in crisi evolutive e processi di individuazione complessi, mettendo in luce il ruolo fondamentale della terapia familiare.
L’adolescenza è una fase cruciale del ciclo di vita, caratterizzata da trasformazioni biologiche, cognitive ed emotive. Dal punto di vista della psicoterapia sistemica-relazionale, essa non è solo un processo individuale, ma un momento di rinegoziazione all’interno dei sistemi familiari.
Come sottolineano Boscolo e altri autori sistemici, il percorso adolescenziale implica conflitti e tensioni che vanno letti come comunicazioni relazionali.
La crisi adolescenziale, se osservata con una prospettiva terapeutica, non è soltanto segnale di disagio, ma può diventare un’opportunità evolutiva per tutto il nucleo familiare.
Nella psicoterapia con l’adolescente, l’obiettivo non è “curare” il sintomo, ma accompagnare la trasformazione dei legami significativi. La scuola di specializzazione in psicoterapia sistemica forma professionisti capaci di leggere il sintomo come parte di una rete di significati condivisi, aprendo a nuove narrazioni familiari.
“B. non ha mai chiesto nulla, è sempre stata forte. B. ha sempre gestito da sola i suoi problemi, senza disturbare nessuno. B. ce l’ha sempre fatta da sola, ma anche B. a volte ha bisogno di aiuto. B. vuole solo essere compresa.” Una lettera lasciata sul tavolo della cucina di casa, indirizzata a mamma, papà e V. sorella maggiore di B., che di suo pugno ha tentato di lasciar traccia di un disagio inesplorato e non visto che suona come un grido di aiuto.
La storia di B. adolescente che ho incontrato solo indirettamente, attraverso i racconti della mia paziente, è la storia di molte “sorelle invisibili”: adolescenti che, pur non presentando sintomi conclamati, portano su di loro dinamiche familiari complesse. E spesso, proprio per mancanza di un sintomo, non vengono viste, in un momento evolutivo cruciale per lo sviluppo della persona e per la possibilità di svincolo e differenziazione che dovrebbe interessare questa parte del ciclo di vita. Infatti, in molte famiglie colpite da un disturbo alimentare, la sofferenza di un membro finisce per catalizzare l’attenzione dell’intero sistema. Il paziente designato, spia accesa sul cruscotto di un sistema sofferente, spesso diventa il centro emotivo e organizzativo attorno a cui ruota la vita quotidiana dei membri di quel sistema. In questo scenario, la sorella “sana” quella “che sta bene” si ritrova spesso in una posizione relazionale periferica, ma affettivamente centrale: è lì, presente, ma poco visibile.
Non di rado, la famiglia concentra gran parte delle risorse emotive, temporali e decisionali sulla figlia “malata”, lasciando l’altra a rinegoziare la propria identità in una sorta di zona d’ombra. Come ci ricordano Boscolo e Cecchin (1987), ogni membro della famiglia assume una funzione nel mantenimento dell’equilibrio sistemico, anche quando apparentemente è ai margini. L’adolescente “sana” può, quindi, sviluppare modalità adattive di iper-responsabilità, evitamento, negazione di sé, che non sono meno significative, né meno sofferenti.
Spesso, queste adolescenti diventano “le brave”, “quelle mature”, che non danno problemi. Questo ruolo rassicura la famiglia, ma può bloccare la loro crescita emotiva e sociale. Quando la pressione diventa insostenibile, possono emergere segnali di disagio: calo nel rendimento scolastico, isolamento, comportamenti oppositivi.
Sono tentativi di dire “ci sono anch’io”, di farsi riconoscere come parte viva del sistema.
L’intervento di un psicoterapeuta sistemico-relazionale non può fermarsi alla cura del sintomo alimentare, ma deve includere fratelli e sorelle “invisibili”.
La terapia familiare diventa così uno spazio di riconoscimento e rinegoziazione dei ruoli, offrendo nuove narrazioni più eque e vitali.
L’adolescente invisibile accanto a un disturbo alimentare non è una figura marginale, ma un nodo cruciale per la comprensione e la trasformazione del sistema familiare.
Formarsi in una scuola di specializzazione in psicoterapia sistemica significa acquisire gli strumenti per leggere i sintomi come parte di una trama relazionale e per restituire visibilità e dignità a ogni membro della famiglia.
Articolo a cura di Francesca Cenciarelli, allieva in formazione alla Scuola di specializzazione in psicoterapia sistemica Kairos (quarto anno)
Kairosclass – Scuola di Psicoterapia Sistemica
Sede: Str. Monte Bagnolo Valbiancara, 17, 06134 Perugia – PG, Italy
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